George Mircea: „Il tempo muta come un frutto” frammenti di una mostra ancora da fare

A partire da giovedì 5 marzo, ore 17.30 chi passerà la sera davanti alle grandi finestre della Galleria Principale dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia (Campo Santa Fosca / Palazzo Correr / Cannaregio 2241 / 30121 Venezia) potrà soffermarsi per assistere a uno spettacolo visivo insolito, sostitutivo di una mostra vera, svolta in uno spazio chiuso. Attraverso le finestre si potranno vedere sotto fascicoli di luce due tele di medie dimensioni, mentre su due schermi girerà un filmato multimediale dedicato all’autore, ai suoi quadri e a „Venezia, città nobilissima et singolare” – per riprendere il titolo del libro dell’umanista Francesco Sansovino, pubblicato nel 1581. Dal filmato multimediale – che sarà presentato ogni sera dal 05.03.2020 al 20.03.2020 non mancheranno immagini di alcune opere che avrebbero potuto essere presentate al pubblico in una mostra monografica programmata dall’IRCCU proprio nella prima metà del mese di marzo. A causa della situazione eccezionale causata dall’epidemia Coronavirus Covid-19 e delle restrizioni che hanno portato all’annullamento temporaneo delle manifestazioni culturali, scientifiche, artistiche, sportive, religiose ecc., tanto a Venezia che in altre città dell’Italia, non é stato possibile organizzare la mostra monografica George Mircea, basata su opere che dovevano venire prevalentemente dall’estero, seguendo il piano iniziale del curatore. Malgrado le circostanze sfavorevoli per lo svolgimento di una tale mostra, IRCCU ha voluto trasmettere, attraverso una manifestazione sostitutiva, composta di 2 opere ed informazioni visive contenute da un filmato multimediale, un segnale di fiducia a tutti quanti credono che i tempi dell’ansia, causati dall’epidemia e dalle inevitabili misure di sicurezza contro la sua espansione, prese dalle autorità, devono cedere il passo ai tempi della normalità, validi anche per la continuità della distribuzione delle informazioni riguardanti le opere d’arte di valore, tra cui si annoverano anche quelle di un bravo artista romeno, George Mircea (1979 - 2018) scomparso prematuramente, in un momento in cui le sue opere già lo indicavano come uno dei più talentuosi e interessanti pittori romeni della giovane generazione.

Originario di Bistrița, città in cui ha seguito i corsi del Liceo artistico „Corneliu Baba”, George Mircea ha studiato pittura all’Università Nazionale d’arte di Bucarest con il maestro Horea Paștină. Nel 2003 è diventato membro dell’Unione degli Artisti Plastici della Romania; nel 2006 associato dell’Università Nazionale d’Arte. Successivamente ha avuto un lungo stage post-graduate presso la Scuola Romena di Roma. Nel breve arco della sua attività artistica ha avuto 39 mostre individuali in Romania e all’estero (prevalentemente in Germania e Italia). Ha ricevuto numerosi riconoscimenti sia nel suo paese sia all’estero. Sue opere si trovano in diverse collezioni pubbliche in Romania e in prestigiose collezioni straniere. Nel 2016 ha avuto una mostra di notevole impatto visivo a Venezia, nella Galleria Principale dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica.

Nella città lagunare è vissuto poco, ma con intensità e passione.

Nei suoi lavori ritorna ossessivamente la forma dell’arco ogivale tardo medievale, porta verso un mondo misterioso, dietro e sotto il quale, come sotto l’apertura di un arco trionfale, si nascondono talvolta le forme perfette dei frutti della terra. La loro perfezione discende, credeva il pittore, dalla perfezione delle forme astrali, generatrici di luce solare e stellare. Venezia è stata per George Mircea il luogo misterioso della gloria del Tardo Medioevo e della cultura del Rinascimento, la città dello spettacolo della luce e dei colori mediterranei, colori che sempre ritornano nelle sue tele. Una selezione delle opere realizzate negli ultimi anni dall’artista avrebbe dovuto formare il nucleo della mostra di Venezia, in cui era prevista anche la presenza di lavori inediti, testimonianze, per molti critici, dell’eccezionale talento di un artista il cui percorso di vita è stato bruscamente interrotto.

Le immagini e il cromatismo delle sue pitture davano spesso la sensazione di un tragico presentimento, come nella pittura in cui veniva rappresentato l’agnello bianco, sacrificale.

L’accento tragico nelle tele di George Mircea è la testimonianza di un dibattito interiore razionale, che sul piano artistico veniva tradotto in composizioni drammatiche o tenerissime, tutte poste sotto il segno di una concezione del dramma come dimensione naturale della vita. Di quella vita che celebra però sempre il suo trionfo nello splendore della materia.

George Mircea era innamorato dal chiaroscuro così come lo erano El Greco e Alonso Cano. Come loro aveva percepito il tragico come dimensione intrinseca del quotidiano. Credeva che il lirismo dell’espressione potesse identificarsi con le metafore dello scorrere del tempo. Aveva il culto delle forme archetipali e sognava di farle entrare con naturalezza nel suo universo visivo. Voleva far in modo che il suo inconscio artistico fosse nutrito dalle intuizioni in grado di generare delle “forme a priori”, per poter raggiungere nel momento della loro rappresentazione l’essenzialità delle cose. Si era circondato di immagini che suggerivano la perfezione senza perdere la loro anima, l’energia nascosta sotto le apparenze: pensava che tra una mela e la forma ideale della sfera non ci fosse altra differenza che il carico vitale del frutto; l’agnello era per lui l’immagine dell’amore e della compassione; un albero diventava, nei suoi dipinti, “un luogo puro della memoria verticale”. I boschi stessi erano d’altronde una Città degli Alberi, uno spazio antropizzato da un essere umanizzato chiamato albero: un’espressione di vita tutto sommato.

Semplice e umana, la sua poetica è stata alla base di composizioni memorabili, vivacizzate da oggetti e immagini vegetali e animali. Nei suoi paesaggi rivivono frammenti di spazi delle nostre vite.

Salve amico! Le tue speranze e i tuoi sogni, compiuti o incompiuti, vivono vicini a noi, in queste tele!