«ASPETTI DI STORIA DELLA TECNICA DELLE COSTRUZIONI IN ROMANIA: IL METODO DELL’ING. EUGENIU IORDĂCHESCU DI TRASLAZIONE DEGLI EDIFICI STORICO–ARCHITETTONICI DI VALORE IDENTITARIO, STORICO, CULTURALE E AMBIENTALE»

Lunedì, 4 luglio 2016, alle ore 18,30, presso la Piccola Galleria dell'Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia, l'istituto che svolge la propria attività nella celebre città d'arte italiana, in collaborazione con il Museo di Brăila «Carol I» e la Classe di Arte, Architettura e Audiovisuale dell'Accademia Romena, con il supporto del Consiglio Regionale di Brăila e dell'Istituto Culturale Romeno di Bucarest, organizzerà l'inaugurazione della mostra foto-documentaria: «Aspetti di storia della tecnica delle costruzioni in Romania: il metodo dell'Ing. Eugeniu Iordăchescu di traslazione degli edifici storico-architettonici di valore identitario, storico, culturale e ambientale». La mostra s'inserisce nell'ambito del programma di eventi collaterali che celebreranno la presenza della Romania alla quindicesima edizione della Biennale di Architettura di Venezia.

All'apertura della mostra - che potrà essere visitata dal pubblico dal 4 al 29 luglio, nei giorni della settimana che vanno da martedì a domenica, secondo il seguente orario: 10,00-13,00 e 16,00-20,00 - interverranno il Prof. Rudolf Dinu (Direttore dell'Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia), il Prof. Ionel Cândea (Direttore del Museo di Brăila «Carol I») e l'Arch. Dr. Paolo Tomasella (Istituto Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia).

La traslazione degli edifici storico-architettonici fu una soluzione tecnica innovativa, brevettata dall'ingegnere edile Eugeniu Iordăchescu, che consentì la salvaguardia di alcune strutture di valore identitario, storico, culturale e ambientale di Bucarest e di altre città della Romania. Queste ultime, con l'impiego di mezzi tecnici, furono trasferite in una nuova ubicazione, finendo così risparmiate dalle ruspe che spazzavano via l'antica architettura cittadina per bonificare le aree destinate alla realizzazione di nuovi edifici progettati e costruiti nello stile architettonico standardizzato del classicismo socialista. La mostra raccoglie su pannelli in forex un ampio e rappresentativo numero di fotografie, di piante tecniche, di immagini catturate dalle macchine fotografiche proprio durante i lavori di traslazione degli edifici, tutte corredate di spiegazioni in italiano. La documentazione e l'elaborazione grafica dei pannelli sono dovute al Prof. Ionel Cândea, con la collaborazione dell'Ing. Eugeniu Iordăchescu e del personale specialistico del Museo di Brăila «Carol I». La traduzione italiana dei testi è dovuta al Prof. Cristian Luca, al Dr. Andrea Fara e al Dr. Gianluca Masi.

La mostra intende presentare al pubblico il metodo innovativo dell'Ing. Eugeniu Iordăchescu, che contribuì in maniera determinante alla salvaguardia e alla conservazione di alcuni edifici di culto di Bucarest, strutture storico-architettoniche di elevato valore identitario, storico, culturale e ambientale risalenti ai secoli XVI-XVIII. Questi edifici, trovandosi nelle aree perlopiù centrali della capitale romena, furono direttamente colpiti dalla furia demolitrice che si abbatté sulla città a cavallo tra la fine degli anni '70 e la vigilia degli anni '90 del Novecento, durante il regime totalitario. I pannelli della mostra illustrano la tristissima realtà dell'ultimo decennio del regime totalitario comunista di stampo stalinista in Romania, periodo nel quale il dittatore Nicolae Ceauşescu intendeva avviare la demolizione di numerose chiese e vari edifici storici per lasciare spazio a nuove strutture innalzate secondo i canoni architettonici del tempo. La soluzione dimostratasi provvidenziale per la salvaguardia di alcuni edifici di alto valore storico e culturale, altrimenti destinati ad essere rasi al suolo, si rivelò appunto il metodo tecnico-edilizio brevettato dall'Ing. Eugeniu Iordăchescu, ossia la traslazione su rotaia dell'intera struttura. Questa fu sollevata dal suolo con mezzi meccanici, in seguito a lavori di scavo che liberarono le fondamenta dal terreno fissando la superficie costruita su una piattaforma compatta in cemento armato, che consentì il sollevamento e il trasporto dell'edificio in una nuova ubicazione. La maggior parte degli edifici storici di culto sui quali si sofferma la mostra sono stati traslati dal 1980 in poi dalle squadre di ingeneri, tecnici e operai specializzati guidate dall'Ing. Iordăchescu. Così, grazie al notevole impegno, alla passione e all'ingegno dell'Ing. Iordăchescu e dei suoi collaboratori, sono state traslate, e quindi salvate dalla demolizione, alcune delle più rappresentative antiche chiese cristiane ortodosse di Bucarest: Chiesa Schitul Maicilor, Chiesa Olari, Chiesa di S. Elia - «Rahova», Chiesa di Mihai-Vodă, Chiesa di S. Giovanni - «del Mercato», Chiesa di S. Giorgio - «Capra», Chiesa di S. Stefano - «Nido di cicogna», ecc. Inoltre, tra gli edifici storici traslati nello stesso periodo vi fu il Palazzo Sinodale del complesso monastico del Monastero di Antim, vale a dire l'attuale Biblioteca del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Romena.


Così l'Accad. Prof. Răzvan Theodorescu accenna al ruolo che l'Ing. Eugeniu Iordăchescu ha svolto nell'opera di salvaguardia e conservazione degli edifici storici di culto di Bucarest, nei tremendi anni bui del regime totalitario romeno:

«L'avvio delle demolizioni di chiese nella Romania (1977-1989)

Sono passati più di trent'anni [per esattezza 39 anni (nota dell'editore)] dal terribile sisma che colpì la Romania nel 1977, che rese più facile il progetto del dittatore Nicolae Ceauşescu di avviare i lavori di costruzione di un nuovo centro cittadino a Bucarest, a discapito degli edifici storico-architettonici, dei complessi monastici, delle eleganti ed espressive abitazioni private dell'Ottocento e del primo Novecento, che furono rase al suolo per lasciare posto ai megalomani progetti urbanistici del regime autoritario. La prima a essere colpita fu la Chiesa Enei, distinto edificio di culto risalente al periodo successivo al principato di Costantino Brâncoveanu, demolito «per errore» - sostennero allora, con smisurata ipocrisia e altrettanto cinismo, le autorità locali -, atto insulso che mi aveva indotto a spedire nell'aprile 1977 una lettera di protesta ai vertici statali per esprimere la mia preoccupazione per il futuro che si preannunciava infausto (la lettera fu letta durante la trasmissione dei programmi radiofonici di Radio Free Europe/Radio Europa Liberă ed ebbe spiacevoli conseguenze sulla mia carriera, aspetti però che possiamo per ora tralasciare). La furia demolitrice proseguì negli anni successivi, finché nel 1984 non venni a sapere dall'Arch. Gheorghe Leahu dell'imminente pericolo che stava per investire il noto complesso storico-architettonico del Monastero Văcăreşti, risalente all'epoca postbrancovana. L'agghiacciante notizia ci spinse ad agire tempestivamente. Il 14 dicembre 1984, l'architetto Prof. Grigore Ionescu, il Prof. Dinu Giurescu e chi scrive recapitarono una lettera di protesta alla Segreteria Generale del Partito Comunista Romeno (firmata, se ricordo bene, anche dall'architetta Henriette Delavrancea Gibony). Gli echi nazionali e internazionali prodotti dai lavori di distruzione della vecchia e pittoresca Bucarest furono amplissimi, ma altrettanto ostinata rimase la determinazione delle autorità di portare a termine le demolizioni. La triste sorte del Monastero Văcăreşti stava per toccare anche al Monastero Mihai Vodă. Quindi, il 24 gennaio 1985 - data carica di significato, soprattutto per una chiesa fondata dal primo unificatore dei Principati Romeni -, i tre studiosi summenzionati, ai quali si unirono il Prof. Dionisie Pippidi, il Prof. Vasile Drăguţ, il Dr. Radu Popa e il Prof. Arch. Aurelian Trişcu, inviarono alle autorità una nuova lettera di protesta. La lettera sollevava per la prima volta la possibilità di preservare il monumento storico-architettonico utilizzando il metodo della traslazione in una posizione che non interferiva con i piani per l'edificazione di nuove costruzioni nell'area centrale di Bucarest. Questa opportuna idea richiamava l'ormai nota esperienza innovativa dell'Ing. Eugeniu Iordăchescu, all'epoca architetto presso la ditta statale «Proiect Bucarest», il quale tre anni prima aveva salvato dalle ruspe, impiegando con successo il metodo della traslazione, un altro edificio di culto ortodosso dell'età postbrancovana: la Chiesa Schitul Maicilor. La nostra modesta "vittoria" - se così la possiamo ritenere! - fu l'assenso delle autorità di procedere alla traslazione della chiesa e del campanile del Monastero Mihai Vodă. Ricordo benissimo che nell'autunno del 1985 - quando lo stesso gruppo di esperti, al quale si unì il Prof. Virgil Cândea, stilò una nuova lettera di protesta - fui diretto testimone dell'ammirevole esito della competenza ingegneristica del Dr. Iordăchescu: la traslazione della chiesa e del campanile del Monastero Mihai Vodă. Ogni volta che cammino lungo il tragitto dove si trovano ora questi monumenti storico-architettonici - pur provando un'incontenibile tristezza che nel periodo successivo al 1990 mi aveva spinto, insieme con il Prof. Ascanio Demian, a suggerire un nuovo loro trasferimento nell'antica posizione (l'Ing. Iordăchescu ci aveva rassicurati che la proposta era fattibile) - rammento con grande riconoscenza l'impegno di questo dotto esperto nell'edilizia, di questo professionista che in momenti assai difficili si dimostrò solidale a noi e compì veri e propri miracoli».

Accad. Prof. Răzvan Theodorescu

Presidente della Classe di Arte, Architettura e Audiovisuale dell'Accademia Romena